Scritto da : Ninni Terminelli
I social media hanno influito sul nostro stile di vita ponendo nuove domande anche al
mondo del diritto. Lo spazio dei canali social non è un far west, dove non esistono
regole, nel diritto del web il punto nodale è costituito dalla comunicazione con più
persone, ed esiste un limite. Entro questo limite non scatta la lesione dell’altrui
reputazione. Questo concetto costituisce la base giuridica delle condotte che vanno esaminate. Il limite non viene oltrepassato nel caso, in cui per esempio, una email
viene inviata ad un singolo destinatario o una chat presenta un unico interlocutore.
La mailing list o la chat con più partecipanti determinano, pertanto, automaticamente
la comunicazione con una moltitudine di persone. Tra le norme principali del diritto
del web merita un accurato approfondimento il reato di diffamazione. Esaminiamo il dispositivo dell’art. 595 codice penale:
« chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente comunicando con più
persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con
la multa fino a milletrentadue euro ». Se l’offesa è recata col mezzo della stampa (57-58 bis) o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico (2699), la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro. Se l’offesa è recata a un corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una autorità costituita in collegio (342), le pene sono aumentate.
Il bene giuridico protetto dall’art. 595 c.p. è il concetto di reputazione.
La fattispecie di reato di cui pertanto all’art. 595 del c.p. presenta un profilo generico
che ricomprende anche tutti quei comportamenti offensivi che si compiono attraverso
le reti informatiche e le moderne tecniche di comunicazione in generale ad esempio:
sms, chat, newsletter. Sono ormai molto numerose le sentenze della cassazione che hanno applicato il reato di diffamazione in seguito a messaggi inviati nel mondo della rete.
Nel 2015 la sentenza n.24431/2015 stabilì che postare un commento offensivo sulla
bacheca di facebook integra il reato di diffamazione a mezzo stampa. Successivamente la cassazione si è pronunciata, affermando con una svolta storica, come la fattispecie aggravata del delitto di diffamazione trova il suo fondamento nella potenzialità, nella idoneità e nella capacità del mezzo utilizzato per la consumazione del reato a coinvolgere e raggiungere una pluralità di persone, ancorchè non individuate nello specifico ed apprezzabili soltanto in via potenziale, con ciò cagionando un maggiore e più diffuso danno alla persona offesa.
In sostanza il reato deve prevedere una potenziale moltitudine di persone coinvolte
nella diffusione di contenuti aventi per oggetto un danno nei confronti della vittima.
Molti comportamenti consumati nello spazio dei social media negli ultimi anni, anche
a causa di una vacatio normativa, hanno prodotto scempi giuridici, favoriti da una
distorta concezione di questi strumenti, vissuti come spazi privi di una cornice
giuridica, capace di delimitare le condotte. I casi perseguiti di vilipendio nei confronti
del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e le numerose violazioni di legge,
provenienti dal mondo del web nei confronti della presidente della Camera dei
Deputati pro tempore, Laura Boldrini hanno accentuato una presa di coscienza e un
necessario potenziamento delle norme, a garanzia dei diritti delle persone.
Tuttavia i social media rimangono una grande occasione di sviluppo e innovazione
che non deve essere giudicata solo per i suoi volti deteriori. I social media hanno generato nuovi professionisti, importanti svolte nel mondo della comunicazione e del progresso, unendo il mondo in uno spazio infinito e inedito. E’ prevista, infine, una diffamazione semplice e aggravata. L’art. 595 c.p. sanziona, al primo comma « chiunque comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione ». L’offesa dell’altrui reputazione deve avvenire ovviamente fuori dai casi previsti dall’articolo precedente (art. 594 c.p.), cioè in assenza dell’offeso. L’art. 595 c.p. contempla nei commi dal secondo al quarto, tre ipotesi di diffamazione aggravata: quando l’offesa agisce nell’attribuzione di un fatto determinato;
se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità,
ovvero in atto pubblico; se l’offesa è recata ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una rappresentanza, o ad una autorità costituita in collegio.
Avv. Ninni Terminelli
Avvocato del Foro di Palermo
Componente Comitato Pari Opportunità dell’Ordine degli Avvocati di Palermo
Direttore Responsabile del Notiziario dell’Ordine degli Avvocati di Palermo