” Padri e Padrini delle logge invisibili . Alliata, Gran Maestro di rispetto” di Piera Amendola

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Scritto da : Maria Concetta Cefalu’

Si svolgerà  presso i Cantieri Culturali alla Zisa  a Palermo , venerdì 25 novembre alle ore 17.00, la presentazione del libro della dott.ssa  Piera Amendola dal titolo” Padri e Padrini delle logge invisibili. Alliata Gran Maestro di rispetto” edito da  Castelvecchi, evento  organizzato dall’Associazione  per onorare la memoria dei caduti nella lotta contro la mafia. All’incontro saranno presenti il Presidente dell’Associazione per onorare la memoria dei caduti nella lotta contro la mafia  Sen. Carmine Mancuso,  l’autrice del libro Dott.ssa  Piera Amendola, Prof.re Guido Calvi  Avvocato, Dott. Nicola Gratteri Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Dott. Marcello Sorgi Editorialista de La stampa  .

La dott.ssa Piera Amendola

È stata documentarista della Camera dei deputati e, dal 1981 al 1988, responsabile dell’archivio della Commissione parlamentare di inchiesta sulla loggia massonica P2, divenendo una delle più strette collaboratrici dell’onorevole Tina Anselmi. Ha diretto l’archivio degli atti giudiziari dell’Alto Commissariato per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa e ha collaborato con la Commissione parlamentare di inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi. Nell’XI legislatura ha diretto l’archivio della Commissione parlamentare antimafia presieduta dall’onorevole Luciano Violante. È stata consulente delle procure della Repubblica di Palermo, Napoli, Brescia, Aosta e Perugia. Attualmente è consulente dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bologna e fa parte del consiglio direttivo dell’Archivio Flamigni. E’ autrice del libro “Padri e padrini delle logge invisibili. Alliata, Gran Maestro di rispetto”, edito da Castelvecchi, nel quale ricostruisce i rapporti tra organizzazioni mafiose, logge segrete e destra eversiva. Nel libro parla del ruolo centrale delle logge deviate siciliane nel sistema eversivo.

Il nostro giornale ha intervistato la dott.ssa Piera Amendola.

 

Quale eredità le ha lasciato l’onorevole Tina Anselmi?

Ho conosciuto Tina Anselmi, “la ragazza della repubblica”, come la chiamava Sandro Pertini, nel 1981, quando è stata istituita la Commissione P2, alla quale fui assegnata dalla mia Amministrazione, la Camera dei deputati. Ero molto emozionata, ricordo, consapevole di avere di fronte la donna che a diciassette anni era entrata nella Resistenza con il nome di “Gabriella”; la prima donna ministro della Repubblica (ministero del lavoro, nel 1976); la protagonista della più grande riforma della Repubblica: l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale. Stavo inoltre stringendo la mano alla prima donna presidente di una commissione parlamentare di inchiesta, una commissione di soli uomini: lei unica donna tra i commissari, io unica donna nello staff dell’archivio. La conduzione di quella commissione le costò molto. Non ebbe mai un attimo di esitazione, il suo unico punto di riferimento furono la Costituzione, che andava difesa; le istituzioni, che dovevano essere protette; la democrazia, che doveva fortificarsi.
Diventammo amiche e vorrei ricordarla con le parole che scrisse quando era già malata:
“La nostra storia di italiani ci dovrebbe insegnare che la democrazia è un bene delicato, fragile, reperibile, una pianta che attecchisce solo in certi terreni, precedentemente concimati. E concimati attraverso l’assunzione di responsabilità di tutto un popolo. Ci potrebbe far riflettere che la democrazia non è solo libere elezioni (quanto libere?) non è soltanto progresso economico (quale progresso e per chi?). E’ giustizia. E’ rispetto della dignità umana, dei diritti delle donne. E’ tranquillità per i vecchi e speranza per i figli. E’ pace.”

Lei ha collaborato con la Commissione parlamentare di inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, istituita per la prima volta nel 1988, che ha concluso i suoi lavori nel 1995 con la presidenza del senatore Giovanni Pellegrino. Quale valutazione sente di poter dare sull’attività della commissione?

Ho collaborato con la commissione presieduta dall’onorevole Pellegrino nell’ambio della individuazione e selezione della documentazione di natura massonica che, custodita nell’archivio della Commissione P2, era ritenuta utile alla Commissione stragi e terrorismo. Le commissioni parlamentari di inchiesta, come è noto, non sono istituite per individuare responsabilità penali, compito che spetta alla magistratura, ma bensì quelle politiche. Sotto questo profilo, con la presidenza Pellegrino si è realizzato un importante salto di qualità poiché lo stragismo e i tentativi golpistici sono stati studiati e valutati complessivamente, collocandoli in un unico quadro di riferimento, sulla base di migliaia e migliaia di documenti acquisiti. Precedentemente, ogni singola strage era stata oggetto di un esame separato. Una ricostruzione unitaria, dunque, che mette in luce responsabilità politiche ed istituzionali.

Nell’XI legislatura lei ha diretto l’archivio della Commissione parlamentare antimafia presieduta dall’onorevole Luciano Violante, istituita nel 1992. La Commissione ha approvato numerose relazioni tematiche. Le chiedo: in riferimento allo studio delle zone colpite dalla criminalità, o in relazione ad un’economia libera dal crimine o sulla lotta alla criminalità organizzata, cosa ne pensa delle indicazioni formulate e contenute nelle relazioni tematiche approvate da aprile 1993 ad aprile 1994? Secondo lei, possono ritenersi ancora valide oggi in un mondo informatizzato e globalizzato?

Ho diretto l’archivio cartaceo ed informatico della Commissione antimafia. Lei mi chiede una valutazione politica delle molteplici relazioni approvate, che al momento neanche ricordo, se non quella, a mio giudizio molto importante, sui rapporti tra mafia e politica. Trattasi della relazione conclusiva, ancora oggi, lo ripeto, di fondamentale importanza. In questa relazione vi è un capitolo dedicato ai rapporti tra Cosa Nostra e destra eversiva nell’ambito dei tentativi golpistici del 1970. ’73 e ’74. E un capitolo sui rapporti tra Cosa Nostra e le logge massoniche deviate, argomento affrontato per la prima volta in una relazione delle commissioni antimafia.
Vorrei anche aggiungere che per la prima volta nella storia del parlamento il presidente Violante ha aperto gli archivi dell’antimafia alle scuole, agli studiosi, ai cittadini, rendendo consultabile ed acquisibile la loro parte pubblica.

Federico Cafiero de Raho è un ex magistrato, fino a poco tempo fa Procuratore nazionale antimafia ed antiterrorismo. Oggi è deputato. Nel suo libro lei scrive : ” Cafiero de Raho insiste da anni su un problema ormai ineludibile, è la massoneria il ponte per raggiungere quella “zona grigia” in cui convergono istituzioni, imprenditoria e criminalità organizzata”, e ancora : “Fu il giudice Giovanni Falcone ad accertare che uno dei capi storici di Cosa Nostra, Salvatore Greco, detto “il senatore”, era affiliato a una loggia palermitana, di cui aveva sequestrato gli elenchi nel 1986 in Via Roma, 391”.

Sta parlando di due problemi diversi e collegati. Parliamo del primo: l’ingresso nelle logge massoniche coperte dei più importanti esponenti delle famiglie di Cosa Nostra, come Salvatore Greco, avvenuto nel 1977, quando fu siglato un patto tra i due poteri occulti. Analoga alleanza era stata sottoscritta qualche anno prima in Calabria tra ‘ndranghetisti, logge coperte ed esponenti di spicco della destra eversiva.
Secondo argomento, l’importanza per le organizzazioni mafiose di entrare nelle logge massoniche, luoghi dove si incontrano politici, uomini delle istituzioni, magistrati, avvocati, imprenditori, esponenti delle forze dell’ordine. Ed attraverso le quali si accede ad una rete internazionale di rapporti e protezioni.

Lei scrive : ” Il capo mafia alla Totò Riina, modello corleonesi, appartiene a un’altra epoca. Adesso il ramo criminale della multinazionale mafiosa è gestito di solito da semplici luogotenenti, mentre i veri capi dirigono, col piglio di autentici manager, le attività economiche delle cosche. I capi celati e trasformati tendono a vivere e a comportarsi come normali uomini d’affari. In questo modo realizzano anche la loro aspirazione più grande: conquistare un ruolo sociale manifesto e rispettato”. Secondo lei chi è l’odierno mafioso, e perchè ambisce a questo ruolo sociale ?

Chi è l’odierno mafioso? Può essere chiunque, i ruoli sono tanti. Perché ambisce ad un ruolo sociale manifesto e rispettato? Da una parte per mimetizzarsi meglio, dall’altra per uscire dal ghetto della mafiosità, passare da una condizione occulta ad una vita rispettata alla luce del sole. Inoltre, questo ruolo sociale “manifesto e rispettato” consente di imbastire nuovi, utili e molteplici rapporti.

Qual è la differenza tra le logge segrete e le logge deviate? Come, quando e perchè nascono i rapporti tra logge massoniche e criminalità organizzata?

Sono due concetti molto diversi.
La loggia deviata è quella che devia rispetto alle norme e alle disposizioni contenute nella Costituzione e nel Regolamento della “comunione” o “obbedienza” di appartenenza. La loggia deviata può dunque anche essere una loggia coperta o segreta, ma non necessariamente. Le deviazioni possono essere di molteplice natura e non configurare alcun illecito penale.
La loggia coperta o segreta è invece quella loggia di cui non si conoscono la sede e i nomi degli affiliati. O meglio, questi nomi sono conosciuti solo dal maestro venerabile della loggia ed eventualmente anche dal gran maestro dell’ “obbedienza”. Una loggia segreta è pertanto sempre una loggia deviata.
Vorrei infine fare osservare che stando alle disposizioni contenute nell’attuale legge sulle associazioni segrete (17/82), il concetto di loggia segreta non coincide con quello di associazione segreta.
Veniamo al secondo punto. Rapporti tra logge massoniche e singoli mafiosi ci sono sempre stati. Mafiosi che diventano massoni per scelta individuale.
I primi, organici rapporti tra organizzazioni mafiose e logge, come accennavo, si sono avuti (in Sicilia come in Calabria) in occasione dei tentati golpe del 1970 (golpe Borghese); 1973 (golpe “di mezzo”) e del 1974 (“Rosa dei venti”, golpe Sogno). Poi, la svolta del ’77 in Sicilia e quella analoga, precedente (1974 – ’75) , in Calabria.

 

Lei scrive : ” Il pentito Gioacchino Pennino, affermato medico chirurgo palermitano, e riverito militante della Democrazia Cristiana negli anni d’oro del sindaco Vito Ciancimino e del grande sacco edilizio di Palermo, in una delle deposizioni messe a verbale dai magistrati, ha rivelato che fin dagli anni ’50 e ’60 molti autorevoli mafiosi ambivano a mischiarsi con la Palermo bene al Circolo tiro a volo, ritrovo di aristocratici ed esponenti dell’alta borghesia professionale della città, e che l’appartenenza a una loggia massonica li accreditava come rappresentanti della “classe dirigente allargata” della città. In italia e nel resto del mondo essere iscritti alla massoneria non è certo un reato. Cosa pensa sia effettivamente oggi la massoneria in Italia ? La ritiene uno di quei “fenomeni morbosi” di cui ha parlato Antonio Gramsci nei suoi ” Quaderni dal carcere “, la spia di una democrazia malata, o una associazione di fratellanza, diffusa in molti Stati del mondo ?

Nel nostro paese operano circa 200 “obbedienze” massoniche. Questo il dato contenuto nella relazione della Commissione antimafia, presieduta dall’onorevole Rosy Bini, sui rapporti tra mafie e massoneria (2017). Il numero è molto sottostimato, se si pensa che solo in Sicilia, nel 1981, erano attive 40 “obbedienze”. A queste obbedienze devono poi aggiungersi innumerevoli logge spurie, triangoli massonici, coordinamenti di singole logge, e così via. Queste “obbedienze” italiane, salvo tre o quattro, sono tutte illegittime ed irregolari. Nel post P2, aggiungo, il fenomeno delle logge coperte non è stato contrastato, ed anzi, forse, favorito. E così le logge coperte sono spuntate come funghi.
In nessun altro pase del mondo è accaduto qualcosa di simile. Venendo alle “obbedienze” regolari e legittime, quelle che godono degli indispensabili riconoscimenti massonici internazionali, non c’è dubbio che dovrebbero fare molto di più per contrastare questo andazzo e tornare alle origini, alla loro natura autentica di fratellanza iniziatica, dedita al miglioramento morale dell’uomo affinché sempre meglio egli possa operare nella società, per il bene di tutti gli altri uomini.

Nel libro lei affronta un argomento inedito, quello dei rapporti tra Licio Gelli e Stefano Bontate, tra la loggia P2 e la “Loggia dei Trecento”

I collaboratori di giustizia Gioacchino Pennino ed Angelo Siino hanno portato alla luce un ruolo sconosciuto di Stefano Bontate, quello di potente capo massone. Bontate avrebbe fondato la “Loggia dei Trecento” e dato vita ad una holding di logge segrete nella quale occupava un posto di assoluto rilievo la “Super loggia” costituita nel 1979 a Reggio Calabria dal neo nazista Franco Freda durante la sua latitanza, evaso mentre si celebrava a Catanzaro il processo per la strage di Piazza Fontana. Le due logge, quella di Gelli e quella di Bontate, si sarebbero gemellate. Nel libro affronto l’argomento sviluppando una serie di riflessioni sul significato di questa possibile alleanza, sulle sue implicazioni e conseguenze. Una vicenda che avrebbe meritato ben altra attenzione.

Un capitolo del suo libro si intitola: “Il filo rosso che lega Bologna a Palermo”. Quale è questo filo rosso?

Sono i terroristi dei Nuclei Armati Rivoluzionari Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, condannati all’ergastolo per la strage alla stazione di Bologna (uno dei tanti collezionati), ospitati da Francesco Mangiameli (esponente siciliano di Terza Posizione) nella sua casa di Tre Fontane, a Mazara, poco prima della strage. Nel libro parlo delle persone che i due incontrarono a casa di Mangiameli e sviluppo un ragionamento alla luce della recente sentenza della corte di assise di Bologna che ha giudicato e condannato Paolo Bellini come ulteriore esecutore della strage ed individuato in Gelli, Ortolani, D’Amato e Tedeschi (tutti affiliati alla P2) i mandanti della strage. Ricordo la pista seguita da Giovanni Falcone nell’inchiesta sul delitto di Piersanti Mattarella: Valerio Fioravanti. Un delitto non di mafia ma di “politica mafiosa”.

In Italia, in seguito allo scoppio dello scandalo della P2, la legge 25 gennaio 1982, n. 17, nota come legge Spadolini-Anselmi, ha vietato l’esistenza di associazioni segrete (come già previsto dall’articolo 18 della Costituzione). Dopo tanti anni, a luglio 2018, è stato depositato il disegno di legge n. 364: ” Disposizioni in materia di incompatibilità con la partecipazione ad associazioni che comportano vincolo di obbedienza come richiesto da logge massoniche o ad associazioni fondate su giuramenti o vincoli di appartenenza”, di cui l’iter di approvazione risulta ancora in corso. Lei cosa ne pensa?

Partiamo dalla legge sulle associazioni segrete, attuativa dell’articolo 18 della Costituzione sulla libertà di associazione. Vorrei innanzi tutto chiarire che l’onorevole Anselmi non c’entra niente con questa legge, che fu voluta dal governo Spadolini e che fu immediatamente oggetto di critiche in seno alla Commissione P2. Infatti,  mentre la Costituzione, all’articolo 18 vieta le associazioni segrete, la legge 17/82, oltre alla segretezza della sede, delle finalità e degli iscritti, prevede che una associazione possa definirsi segreta solo se gli associati svolgono attività che interferiscono con funzioni pubbliche o di pubblico interesse. Ciò ha reso, di fatto, assai difficile, se non impossibile, perseguire i promotori e gli aderenti all’associazione segreta. Non era certo questa la volontà del costituente, che aveva stabilito che le associazioni segrete fossero proibite in quanto tali. La Costituzione proibisce la segretezza, punto.
Per quanto riguarda il disegno di legge da lei citato, affronta un tema molto delicato, che necessita approfondimenti e condivisione. La regione Toscana, ad esempio, già nel 1983 aveva approvato una legge che affrontava il problema partendo dalla necessità di garantire ai cittadini informazioni pubbliche in merito alla situazione associativa di titolari di cariche elettive o di nomine e designazioni regionali.

Com’è noto nel nostro ordinamento giuridico costituisce reato appartenere ad una associazione a delinquere come statuito dall’articolo 416 del codice penale italiano dal titolo ” Associazione per delinquere” che recita : ” Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti , coloro che promuovono o costituiscono od organizzano l’associazione sono puniti, per ciò solo , con la reclusione da tre a sette anni. […] “. La legge n. 646, del 13 settembre 1982, nota come legge “Rognoni-La Torre”, introdusse per la prima volta nel codice penale la previsione del reato di “associazione di tipo mafioso” (art. 416 bis) e la conseguente previsione di misure patrimoniali applicabili all’accumulazione illecita di capitali. Gli accadimenti tragici che hanno segnato la storia del nostro paese, e la necessaria “affermazione di un dovere di trasparenza e di responsabilità” come sostenuto da Claudio Fava Presidente della Commissione regionale antimafia , hanno condotto all’approvazione della legge Fava n. 18 del 12.10.2018 con trentanove i voti a favore, e due i contrari, legge dal titolo : ” Obbligo dichiarativo dei deputati dell’Assemblea regionale siciliana, dei componenti della Giunta regionale e degli amministratori locali in tema di affiliazione a logge massoniche o similari “. Lei cosa ne pensa?

La prima regione ad avere questo obbligo giuridico è stata la regione Toscana con la legge n. 68 del 1983, che peraltro estendeva l’obbligo anche ai dipendenti della regione e ai titolari di nomine e designazioni regionali. Questa legge prevedeva una dichiarazione illustrativa della propria appartenenza a qualsiasi associazione, non solo alla massoneria. “Logge massoniche o similari che creino vincoli gerarchici, solidaristici e di obbedienza”, recita l’articolo primo della legge regionale della Sicilia. Cosa vuol dire “similari”? E poi perché circoscrivere la dichiarazione solo ai politici?

Giovanni Francesco Stefano Ippolito Pio Giacomo Orazio Maria Brasilino Alliata di Montereale, appartenente alla II linea principi di Alliata della famiglia Alliata (la I linea è rappresentata dai principi di Villafranca, la III linea dai duchi di Pietratagliata e la IV linea dai marchesi Alliata) e principe del Sacro Romano impero con d.m. 26 dicembre 1941, nasce a Rio de Janeiro, nella Casa d’Italia, il 26 agosto 1921 e muore a Roma il 20 giugno 1994 mentre è agli arresti domiciliari disposti dalla procura della repubblica di Palmi nell’ambito della maxi inchiesta sulle deviazioni della massoneria. Lei scrive : “Si muove nell’ombra, al confine scivoloso della legalità, un confine che non considera certo non varcabile. Quel che conta, alla fine, non è solo quello che ha fatto personalmente, ma i meccanismi che ha messo in moto.” Parliamo di Giovanni Alliata di Montereale, nel suo libro definito “uno dei capi storici della massoneria di Piazza del Gesù, e Gran Maestro di rispetto”. Uno dei mandanti della strage di Portella della Ginestra; mafioso della famiglia di Brancaccio; grande eversore, implicato nelle inchieste sul fallito golpe Borghese e sull’organizzazione eversiva “Rosa dei venti”. Un uomo di una grande personalità, sostenitore fino alla morte della monarchia. Una passione per la politica, il poker, le belle donne. Ricchissimo. Fondatore dell’Accademia del Mediterraneo, consigliere comunale a Palermo, entrato nella loggia P2 nel 1973. Le chiedo: chi erano le donne che stavano al suo fianco ? E quali quelle che ha amato?

Impossibile rispondere. Ha avuto tre mogli, un numero imprecisato di amanti. Ha frequentato i migliori salotti del mondo: regine, attrici ….
Ho “utilizzato” il principe Alliata, potente massone, grande eversore, mafioso della famiglia di Brancaccio, per esplorare i tre mondi nei quali si mosse nell’ombra. Nel quarto mondo, quello delle sue donne, non sono entrata.

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