Scritto da : Alessia Bodei
Foto e video : Ufficio Stampa Roby Facchinetti
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Ho avuto il privilegio di essere presente ed invitata direttamente da Roby Facchinetti , ad un evento unico e irripetibile: il concerto in chiave sinfonica delle sue musiche riarrangiate dal maestro Diego Basso.
L’unione musicale, umana e artistica tra Roby Facchinetti, musicista, compositore e voce dei Pooh e il direttore d’orchestra Diego Basso ha regalato una veste inedita ai brani senza tempo del gruppo più famoso d’Italia. Un’operazione che ha esaltato la pura melodia e l’armonia trasformate in autentica ed emozionante sinfonia.
Il risultato è stato l’ascolto delle canzoni dei Pooh come non si sono mai sentite prima. Fine Aprile, una serata in cui si respira aria di primavera, un teatro gremito di gente per assistere ad una raffinata esperienza sinfonica, un viaggio tra sentimenti, emozioni, musiche e armonie che ha sorpreso e ammaliato il pubblico presente nel teatro Ristori di Verona, a partire dall’autore di quelle composizioni, Roby Facchinetti, seduto in prima fila, circondato dai suoi cari, visibilmente commosso ed emozionato per una messa in scena così particolare affidata all’Orchestra Ritmico Sinfonica Italiana supportata dal coro Lirico Giovanile di A.LI.VE e straordinariamente diretta dal Maestro Diego Basso che ha curato personalmente l’adattamento in chiave sinfonica, prezioso e intenso di quelle canzoni ormai patrimonio nazionale e mondiale della musica pop.
Tutto nasce 10 anni fa da un’idea del maestro Basso di riscrivere in chiave sinfonica il brano Pierre di Roby Facchinetti. La proposta viene accolta con entusiasmo dallo stesso autore, al punto tale che, dopo qualche anno, nel concerto Tra cielo e terra, nell’ultimo giorno di lock down, Facchinetti chiese di eseguire il brano con quegli stessi arrangiamenti. In quel momento i due artisti capiscono, in un solo sguardo, che potevano andare oltre , ed è così che nasce il disco Simphony, il tour italiano, i quattro brani con i Pooh eseguiti nel concerto di Marostica in chiave sinfonica e la consapevolezza che si poteva fare qualcosa di più ovvero” la grande musica di Roby e dei Pooh, senza Roby e senza i Pooh” come lo stesso Maestro ha raccontato nel presentare il concerto realizzato in chiave immersiva, con il sistema innovativo d&b Soundscape , con 60 casse, ad amplificare il teatro in chiave tridimensionale, regalando un’esperienza d’ascolto più realistica e coinvolgente.
Ed è così che si è potuto realizzare questo evento unico, con un ‘alternanza di musica e di racconti in cui Roby Facchinetti si è mostrato senza filtri, in tutta la sua umanità, aprendo al pubblico in sala lo scrigno prezioso dei ricordi che lo legano alla realizzazione dei brani in cui lui, autore delle musiche, si confrontava con due indimenticabili poeti ovvero Valerio Negrini e Stefano D’Orazio autori della maggior parte dei testi delle sue composizioni. Il più toccante tra i tanti è stato il racconto di quando Roby inviò a Stefano le musiche del brano a cui diede il titolo “L’ ultima parola” per riferirsi alle parole non dette degli innamorati che giungono al termine di una relazione. In realtà Stefano d’Orazio propose di dedicarle al loro compianto amico Valerio Negrini, storico autore dei Pooh, il quale li aveva lasciati senza poter neppure dare loro un addio, appunto senza un’ultima parola. Tragicamente però, dopo poco tempo anche D’Orazio se ne andò improvvisamente lasciando un dolore infinito e inconsapevolmente dedicando a sè stesso quel brano così emozionante ed intenso. E tra le lacrime trattenute a stento del pubblico e del grande artista, il concerto prosegue tra musica, parole, intensità emotiva, in un susseguirsi di emozioni confermando la capacità della musica di Facchinetti di coinvolgere il pubblico anche in veste sinfonica.
A chiudere il concerto, il maestro Basso propone “Chi fermerà la musica” brano iconico in cui per la prima volta durante la serata il coro ne intona qualche strofa accompagnato da un pubblico che a squarciagola libera tutte quelle sensazioni emotive che ha contenuto durante le esibizioni attento a non disturbare la magia che si era creata in sala. Svanita l ‘ultima nota, il pubblico si è alzato in piedi in un lungo applauso, tributo alla magia di una serata che ha trasformato la musica in pura emozione.
Ho intercettato, dopo il concerto sia il Maestro Basso che Roby Facchinetti ed entrambi con la loro consueta disponibilità mi hanno rilasciato la loro prima intervista dopo l ‘evento.
Scopriamo insieme in questa intervista in anteprima qualche curiosità.
Buongiorno Roby, è la prima volta che ti siedi comodamente e ascolti le tue composizioni da spettatore, ti sei immedesimato nel pubblico sentendole oppure hai mantenuto il punto di vista dell’autore?
Dato che mi sono ritrovato, per la prima volta, veramente non sul palco ma in prima fila ad ascoltare, mi sono imposto di essere un semplice ascoltatore e l’effetto è stato straordinario perché davanti a me avevo un’ orchestra sinfonica con un coro fantastico, come direttore Diego Basso che oltre ad essere amico è un incredibile direttore per cui per una volta ho fatto veramente l’utente che si siede in platea per ascoltare musica e l’effetto è stato molto forte per me .
Il concerto al teatro Ristori ha regalato grandi emozioni . Come nasce la scelta dei brani ? Hai collaborato con il Maestro Basso oppure hai avuto delle sorprese sulla scaletta ?
Ciò a cui abbiamo assistito in teatro è frutto di un disco uscito due anni fa dal nome “Simphony” composto da buona parte delle mie musiche chiaramente legate ai grandi successi in versione sinfonica. I brani che abbiamo ascoltato a teatro erano contenuti nel disco in cui li avevo anche cantati, mentre in teatro abbiamo assistito ai brani solo in versione strumentale e sinfonica. La scaletta la conoscevo ma ci sono state anche tantissime bellissime sorprese che il Maestro basso mi ha regalato facendo delle aggiunte di cui non ero a conoscenza.
Ti abbiamo visto commosso e a tratti provato quando ti sei raccontato anche nei momenti più intensi durante i quali sono sono nati i tuoi capolavori musicali insieme a Stefano D’Orazio. Una narrazione che ha colpito le persone in sala che non si aspettavano un artista che si concedesse a cuore aperto e senza filtri. Come hai vissuto un rapporto così intimo come quello del teatro Ristori diverso da quello che si instaura durante i concerti dai grandi numeri dei Pooh?
Ho voluto spiegare anche come sono nati certi brani . Al pubblicano arrivano i brani già fatti e incisi ma dietro ogni canzone c è sempre una storia importante di emozioni, di cambiamenti di testo, il perché vengono scelti determinati argomenti invece di altri. Ci sono storie molto belle che vale la pena raccontare e questo è anche un bel modo per aiutare il pubblico a capire come nasce una canzone e cosa c ‘è realmente dietro un brano.
Eri accompagnato dalle persone che ti vogliono bene , tua moglie, tua sorella, il tuo storico agente e tanti altri. Quanta importanza ha la condivisione del tuo lavoro con le persone che ami ? E’ cambiata con il tempo oppure è sempre stata una costante per te ?
Quella serata era davvero speciale , io ho sempre amato condividere con i miei affetti le cose importanti come quel concerto in cui c’ erano mia moglie, mia sorella, il manager.. c’eri anche tu e altri amici. Soprattutto se le cose sono emozionanti per me il bello è condividere le mie emozioni . Vivere da soli queste situazioni non è la stessa cosa e il bello è condividere con le persone importanti le cose straordinarie che accadono .
Anche il maestro Diego Basso ci racconta il suo punto di vista su questo evento e la sua complessa realizzazione.
Al Teatro Ristori di Verona abbiamo assistito ad un’unione artistica tra lei e Roby Facchinetti che ha dato luogo ad una vera magia, come è stato lavorare su un repertorio pop con un impianto sinfonico? È il primo progetto di questo genere che realizza?
È stato certamente un percorso complesso, frutto di un lavoro lungo, iniziato ormai dieci anni fa, con l’arrangiamento orchestrale di Pierre, primo brano su cui ho lavorato. Nel 2020, nell’ultimo giorno del lockdown, insieme a Roby Facchinetti abbiamo eseguito dal vivo Rinascerò, rinascerai e Pierre con la Grande Orchestra. Da lì è nato il progetto Symphony, un album interamente sinfonico con l’Orchestra Ritmico Sinfonica Italiana e la Budapest Art Orchestra, dove già avevamo tolto la band, mantenendo solo la sua voce, oltre al coro e la voce lirica di un soprano. Quel lavoro, che ha dato vita anche a un tour nelle principali città italiane, ci ha permesso di esplorare un nuovo equilibrio sonoro, e da lì è nata l’idea di spingerci oltre: togliere anche la traccia vocale e lasciare solo l’impianto sinfonico. Un percorso, direi, quasi naturale, nel nostro percorso di ricerca musicale.
Il pubblico durante la serata era rapito e incantato dalla melodia e dalla ineccepibile esecuzione e poi si è “scatenato ” sul finale quando il coro ha intonato alcune strofe di “chi fermerà la musica”. Da quali considerazioni lei è stato mosso per la sua realizzazione?
In realtà “Chi fermerà la musica” non era in programma. Il concerto doveva chiudersi con Parsifal, un brano solo strumentale, scelto proprio per lasciare il pubblico dentro quella magia che solo la musica sinfonica sa creare. Era quello il finale pensato. Ma poi è successo qualcosa di speciale: il pubblico ha iniziato a cantare da solo, in modo del tutto spontaneo. E a quel punto è stato naturale seguirli, fare un bis e intonare “Chi fermerà la musica”. È diventato un momento di festa, molto diverso dal tono raccolto del finale previsto, ma proprio per questo ancora più emozionante. È, poi, un brano a cui tengo molto. Negli anni è diventato quasi un inno per Art Voice Academy, il Centro di alta formazione per lo spettacolo che ho fondato e che dirigo a Castelfranco Veneto. Quindi sì, anche se fuori dal programma di sala per me ha avuto un significato davvero profondo.
Suonare in un teatro storicamente acustico con una tecnologia immersiva ha posto sfide particolari?
Sì, è stata una sfida interessante. Abbiamo utilizzato il sistema d&b Soundscape, una tecnologia innovativa che permette un’esperienza sonora immersiva, facendo percepire al pubblico la provenienza esatta di ogni suono, come se si fosse al centro dell’orchestra. Il lavoro di coordinamento tra i tecnici, il teatro e l’orchestra è stato complesso, richiedendo oltre dieci giorni di programmazione. Siamo tra i primi in Italia a usare questa tecnologia in un teatro e, per ora, è ancora in fase sperimentale. L’installazione dell’impianto richiede circa tre giorni, quindi dobbiamo ancora studiare come adattarlo ad altri spazi.
Lei ha raccontato durante il concerto che il progetto è nato da un idea concepita dieci anni fa , ma quanto tempo è stato necessario per riscrivere in chiave sinfonica tutto il repertorio che avete eseguito?
Il progetto alla base del concerto che avete ascoltato in teatro è il disco Symphony di Roby Facchinetti. Per realizzare il nuovo materiale, ho dedicato circa quattro mesi a riscrivere e rielaborare il materiale, rielaborando alcune parti di Symphony e lavorando su altre. Il risultato finale è una partitura che conta quasi 500 pagine di musica. Ho aggiunto anche nuove sezioni sinfoniche, ispirate a compositori come Wagner, Puccini e altri, creando un legame tra la musica sinfonica classica e quella pop. Queste aggiunte non provengono direttamente dal repertorio dei Pooh, ma sono state pensate come un ponte ideale tra i due mondi musicali.
Ci aspettiamo che questo evento “unico” non rimanga tale, lei e Facchinetti avete prospettive e progetti per una sua diffusione ?
Stiamo lavorando su questo progetto in queste settimane e, anche se non posso fare annunci definitivi al momento, c’è la possibilità che presto possa emergere qualcosa di nuovo. Vediamo come evolve la situazione e se riusciremo a dare qualche notizia a breve.