Scritto da : Alessia Bodei
C’è un momento in cui la storia non si legge nei libri, ma si respira tra i respiri della folla, si sente pulsare sotto i piedi, si rincorre nel rombo gentile di un motore antico. È la 1000 Miglia, che anche quest’anno si è compiuta come un rito laico, un poema epico scolpito nell’asfalto e nell’anima di chi l’ha vissuta. Un’avventura di pioggia e luce, di fatica e incanto.
Un viaggio dentro il cuore palpitante dell’Italia. Un abbraccio d’asfalto che stringe l’Italia
Cinque giorni. 1900 chilometri. 430 meraviglie a quattro ruote. E migliaia, migliaia di occhi sognanti a seguirle . Persona ad ogni incrocio , in ogni piazza, in ogni vicolo che sventolavano festanti le bandierine della freccia rossa .
L’edizione 2025 della 1000 Miglia ha riscritto la geografia dell’emozione su un percorso disegnato come un otto – simbolo dell’infinito, delle storiche edizioni anteguerra – abbracciando Est e Ovest, le brezze dell’Adriatico e le maree del Tirreno, i vigneti toscani come velluto e le rocce dure dell’Appennino. Da Brescia a Roma, e ritorno, attraversando l’Italia più segreta e luminosa, fatta di curve che abbracciano il tempo, di colline che sembrano uscite da un sogno rinascimentale, di paesi dove il silenzio si rompe solo per applaudire il passaggio di una Bugatti o di una Lancia con l’eleganza di una regina.
A Brescia, sotto il cielo terso di Viale Venezia e poi nel cuore pulsante di Piazza Vittoria, si è celebrato l’arrivo della quarantatreesima rievocazione della “Corsa più bella del mondo”.
Non è stata solo una gara, ma un’enciclopedia vivente della bellezza meccanica, una sinfonia di metallo e cuore: dalla Bugatti T40 del 1927 guidata da Carlo Cracco, alla Porsche 356 Speedster di Joe Bastianich, fino alla divina Alfa Romeo 6C 1750 SS del 1929 di Vesco e Salvinelli – sei volte trionfatori, ambasciatori di una passione che non conosce tramonto.
Ogni giorno è stato un affresco: la partenza tra le lacrime di gioia a Brescia, Ferrara nel crepuscolo dorato, Siena accarezzata dal canto dei motori, il Duomo di Orvieto che accoglie come un santuario, il Valico della Cisa che sfida e benedice, il mare di Livorno che riflette sogni, le luci ovattate di San Marino, l’alba lenta sulla Val d’Orcia.
E poi Roma, la maestosa, che si è lasciata attraversare come una regina consenziente.
Un meccanismo celeste sotto la pelle del sogno . Ma sotto questa poesia, pulsa il cuore preciso e infallibile dell’organizzazione: oltre 4000 anime – tra Forze dell’Ordine, volontari, medici, tecnici, addetti alla logistica – hanno tessuto, giorno e notte, l’arazzo perfetto di questa esperienza. Dietro ogni curva, un presidio. Dietro ogni chilometro, una certezza.
Una colonna mobile che sfiora l’epica:
• 83 auto dell’organizzazione, 71 dello staff tra cui 7 apripista, 10 medical car, 15 pace car e 4 “scopa”;
• 110 vetture dei media, 100 dei partner e sponsor;
• E poi loro: le 123 Ferrari del Tribute, le futuristiche 1000 Miglia Green, le auto autonome del Politecnico di Milano, a testimoniare che il futuro è già in corsa accanto alla storia. Una liturgia moderna dove tecnologia e tradizione danzano in armonia, un inno alla resistenza, alla precisione, alla bellezza che non invecchia. Un’Italia che corre con il cuore
Ogni edizione della 1000 Miglia è un ritratto dell’Italia.
Quella del 2025 è stata un’Italia intima, autentica, che si è riconosciuta nei borghi silenziosi, nei volti degli anziani che sussurrano il nome di Nuvolari come una preghiera, nei bambini che sventolano bandiere senza sapere che stanno accogliendo la leggenda.
È stata un’Italia che non dimentica, che sa ancora emozionarsi davanti a una carrozzeria d’altri tempi, che si ferma per applaudire la memoria in movimento. Un’Italia che si stringe e si commuove, che sa che la velocità può anche essere dolcezza, e la competizione può avere il volto della solidarietà: come nel caso della 1000 Miglia Charity Car, corsa per donare un ecografo all’Ospedale dei Bambini di Brescia.
L’epilogo che sa di prologo
Cala il sipario, si spegne il rombo. Ma il silenzio che segue non è fine, è attesa.
Resta il profumo della benzina mescolato a quello dei tigli in fiore. Restano le strade battute da uomini e donne innamorati di un’idea, resta quel bisogno irriducibile di bellezza e appartenenza. Resta, più di tutto, quella frase sospesa di Lucio Dalla:
“E nessuno poteva dire se le macchine correvano per ritornare o scomparire.”
La 1000 Miglia, però, ritorna sempre.
Perché non è solo una gara.
È un modo di vivere, un modo di sognare.
Un respiro lungo quanto l’Italia, che ogni anno ricomincia da Brescia.
E ogni anno, come fosse la prima volta, ci fa sentire eterni.