INTERVISTA A MAURIZIO ARTALE PRESIDENTE DEL CENTRO DI ACCOGLIENZA PADRE NOSTRO A BRANCACCIO

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DiRedazione

Dic 5, 2020

Il Centro di Accoglienza Padre Nostro da 28 anni al servizio delle fasce sociali
deboli e promuovere ed affermare la cultura della legalità

Scritto da : Giovanna Pia Ferrara

Maurizio Artale, Presidente del Centro di Accoglienza Padre Nostro.

L’Associazione fondata a Brancaccio nel 1991 e voluta dal Beato Padre Pino Puglisi.                                                

Non si può immaginare Brancaccio senza il Centro. Da sempre il Centro
testimonia e vive gli insegnamenti del Beato ed opera a favore delle fasce più
deboli, per divulgare, promuovere ed affermare la cultura della legalità, della
giustizia, dell’onestà e contrastare la mentalità di tipo mafioso. A distanza di
tanti anni quali i risultati conseguiti?
I risultati conseguiti sono tantissimi e per brevità ne citerò solo alcuni, attenzione,
non i più importanti ma alcuni, in quanto penso che tutti siano importanti perché si
collocano in un processo di cambiamento che il Centro ha voluto imprimere all’opera
del Beato Giuseppe Puglisi.
Sicuramente è cambiata la sensibilità e la percezione delle persone che si rivolgono
sempre più numerose al Centro. Dapprima ci vedevano come “nemici”, gli “sbirri”,
oggi ci percepiscono come una loro risorsa… qualsiasi problema abbiano, di qualsiasi
natura, si rivolgono al Centro e questo era l’obiettivo primario che voleva
raggiungere il nostro fondatore. Lui voleva che ogni qualvolta la gente avvertiva un
problema da risolvere, pensasse al “Padre Nostro” e quindi al Centro (ecco perché
diede questo nome al Centro di Accoglienza da lui fondato “Padre Nostro”).
Di certo si è sviluppato ancor di più, all’interno della comunità laica di Brancaccio, il
senso dell’appartenenza e della sussidiarietà.
E’ diminuita la “carica distruttiva”, generata dal disagio e dalla precarietà, che a
partire dai bambini sino agli adulti, condizionava i loro comportamenti ed
atteggiamenti. C’è più rispetto per le strutture realizzate dal Centro e per i servizi che
in esse si espletano a favore delle fasce sociali deboli.

Dal 1991 numerosi sono stati gli interventi e i progetti di aiuto concreti
implementati dal Centro di Accoglienza Padre Nostro sia nel quartiere
Brancaccio sia in altri territori cittadini come per esempio San Filippo Neri e di
Falsomiele. Come costruire una società migliore dove non vi siano fasce
svantaggiate, disagio, emarginazione sociale, sfruttamento del lavoro minorile,
lavoro in nero, evasione scolastica, delinquenza, e quali strumenti sono
necessari?                                                                                                                                                                                                          
Il Centro ha dato vita ai tantissimi progetti e relativi servizi sempre con notevoli
impedimenti burocratici ed economici. Gli strumenti necessari sono: la
professionalità nel cercare l’effettivo bisogno con ricerche scientifiche; la ricerca dei
fondi che sempre più scarseggiano; la realizzazione di progetti credibili ed il
coinvolgimento degli utenti… ma tutto ciò non è possibile se non si ha fede e
perseveranza. Da 28 anni siamo impegnati a Brancaccio come in altri quartieri e vi
confesso che ci sono stati dei momenti di scoramento dove avresti lasciato perdere
tutto e avresti mandato tutti a quel paese… ma poi quel sorriso disarmante del Beato
Giuseppe Puglisi raffigurato in due quadri posti all’inizio e alla fine del corridoio
della sede del Centro che porta al mio ufficio ti fa capire come tu sia un prescelto
fortunato.

A chi sono rivolti gli interventi e le attività progettuali del Centro di Accoglienza
Padrenostro?                                                                                                                                                                                                    
Gli interventi del Centro si rivolgono: ai Bambini dai 18 ai 36 mesi (spazio gioco),
Bambini dai 7 a 13 anni (dopo scuola, attività ludico ricreative e colonie estive).
Ragazzi dai 14 ai 17 anni (con campiscuola e la formazione al servizio gratuito), ai
Giovani adulti dai 18 ai 28 anni (con l’accreditamento per il Volontariato al Servizio
Civile dove insegni e sensibilizzi i giovani alla sussidiarietà e al servizio), agli
universitari (per la parte di formazione attraverso tirocini), agli ex detenuti
(inserimento lavorativo), ai detenuti che scontano la pena dentro il carcere, ai
detenuti che scontano la pena fuori dal carcere (progetti formativi e di servizio
gratuito), ai detenuti extracomunitari che non hanno dove trascorrere un permesso
premio, alle mamme con i loro bambini che hanno subito abusi e maltrattamenti
(Casa di Accoglienza Al Bayt), alle donne vittime di violenza (Centro Antiviolenza
Beato Giuseppe Puglisi), agli anziani (Centri aggregativi di Falsomiele e Brancaccio),
a persone che devono svolgere lavori di Pubblica Utilità per quei reati di non
pericolosità sociale o per reati amministrativi, e a quanti hanno bisogno di un
supporto psicologico.

Donne che soffrono, che perdonano, ribelli, guerriere, tenaci, lavoratrici. Chi è
oggi la donna che vive a Brancaccio? e quali progetti avete in cantiere per le
donne di Brancaccio?                                                                                                                                                                                     
La donna di Brancaccio oggi è più emancipata e riesce ad avere alcuni piccoli spazi
di economia e di autonomia. Hanno assunto la consapevolezza che per qualsiasi
scelta oggi loro vogliono compiere, hanno dalla loro parte il Centro di Accoglienza
Padre Nostro con il suo Servizio Sociale, con lo Sportello di Ascolto e Sostegno
Psicologico, con il Centro Assistenza Legale e con il Centro Antiviolenza. Poi tante
iniziative laboratoriali e culturali a loro rivolte: laboratori Spazio Donna dove si
cucina, si cuce, si crea, si riflette e si prega insieme.

Il Santo Padre il 3 ottobre u.s. ha firmato l’enciclica « Fratelli tutti» ispirato da
San Francesco , « Santo dell’amore fraterno, della semplicità e della gioia » . In
otto capitoli e n. 287 paragrafi, il Papa ci indica di seguire la strada di San
Francesco unica strada giusta da percorrere in questa vita terrena : « In quel
mondo pieno di torri di guardia e di mura difensive, le città vivevano guerre
sanguinose tra famiglie potenti, mentre crescevano le zone miserabili delle
periferie escluse. Là Francesco ricevette dentro di sé la vera pace, si liberò da ogni
desiderio di dominio sugli altri, si fece uno degli ultimi e cercò di vivere in armonia
con tutti ». Nella realtà odierna è ancora possibile vivere in conformità di quanto
ci viene indicato dal Santo Padre?

In nessun tempo è facile o semplice “INCARNARSI” in chi si offre, nel povero, nel
reietto, nell’emarginato… questo comportamento e atteggiamento è un dono che
dobbiamo chiedere Dio nelle nostre preghiere, proprio come faceva il fraticello
d’Assisi… “Signore fa di me uno strumento della tua pace e del tuo amore”.
L’incarnazione è un atto divino che lui ha elargito agli esseri umani in quanto creati a
Sua immagine e somiglianza, Dio si spogliò della Sua natura divina per diventare in
tutto simile all’uomo tranne che nel peccato. Il Signore Servo Sofferente di Dio sale
nel Golgota per noi uomini, per renderci definitivamente liberi dalla morte e dal
peccato. Rimane in ognuno di noi uno spazio di discernimento per intraprendere lo
stesso cammino di San Francesco: è quella libertà di aderire e rispondere
all’Annunzio del Vangelo, di quel Cristo che non è rimasto intrappolato negli inferi
ma che è risorto. Lo stesso Vangelo che se vissuto, anche in parte, ci fa vivere in
armonia con tutto il creato.

Amnesty International ha pubblicato « Condanne a morte ed esecuzioni nel
2019 » un rapporto sull’uso giudiziario della pena di morte nel periodo che va
da gennaio a dicembre 2019. Il trend globale di questa crudele, disumana ed
atroce punizione sembra in lieve contrazione, ed evidenzia che il numero delle
esecuzioni documentate è diminuito del 5% rispetto al 2018, e addirittura
conferma una costante e significativa riduzione anno per anno dal 2015.
La pena di morte è una pena disumana e ripugnante e non esistono prove
attendibili che essa scoraggi i reati più della pena detentiva. La vasta maggioranza
dei paesi lo riconosce e vedere che le esecuzioni continuano a diminuire in tutto il
mondo è incoraggiante, afferma Clare Algar, direttrice di Amnesty International
per la ricerca e l’advocacy. Al di là dei trattati internazionali, delle ratifiche,
delle moratorie sulle esecuzioni, dei constitutional amendmants o delle leggi
costituzionali, cosa suggerisce per debbellare la pena capitale, l’ atroce piaga,
nei paesi che non l’ hanno ancora abolita? Come fermare questa violazione del
diritto alla vita?                                                                                                                                                                                                
Solo se l’uomo non si sostituisce a Dio si potrà debellare la pena di morte. Il Beato
Giuseppe Puglisi si è confrontato umilmente e semplicemente con chi era intriso di
questo delirio di onnipotenza, la Mafia. Il mafioso si sente potente perché decide chi
far vivere e chi far morire… ma l’uomo che ha affidato la sua vita a Dio non ha paura
di perderla. Questo è il motivo per cui la mafia, contro quel piccolo parroco di
borgata, ha perso…e questo ce lo ha ricordato Papa Francesco nella celebrazione del
25° anniversario del martirio del Beato Giuseppe Puglisi proprio al Foro Italico di
Palermo.

La Costituzione Italiana all’art. 27 statuisce : « La responsabilità penale è
personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.
Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e
devono tendere alla rieducazione del condannato […] ». La Legge del 26 luglio
1975 n. 354 dal titolo « Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione                                                      delle misure privative e limitative della libertà » al Titolo I° « Trattamento
Penitenziario » Capo III° « Modalità del trattamento » all’art. 13 « Individuazione
del trattamento » al comma 1° recita :« Il trattamento penitenziario deve
rispondere ai particolari bisogni della personalità di ciascun soggetto, incoraggiare
le attitudini e valorizzare le competenze che possono essere di sostegno per il
reinserimento sociale […]». La rieducazione e il reinserimento sociale del
condannato rappresentano il punto di partenza di una nuova vita: il Centro di
Accoglienza Padre Nostro segue da tempo soggetti con procedimenti penali in
corso e propone misure alternative : di cosa di tratta?                                                                                                                    
Solo se chi ha sbagliato si sente accettato e non giudicato può affrontare un percorso
di rinserimento sociale utile ed efficace. Quando un detenuto che viene assegnato alle
cure del Centro di Accoglienza Padre Nostro si vede consegnare le chiavi delle sedi
del Centro, si destabilizza… Egli è abituato, sia dentro il carcere che fuori, ad essere
visto come un delinquente. Noi al Centro gli spieghiamo che ora dipende tutto da lui
e mentre quella volta che egli ha sbagliato commettendo un reato non aveva nessuno
a cui rivolgersi, ora ha il Centro di Accoglienza Padre Nostro su cui potere contare.
Questo sentimento ha voluto esprimere il Beato Giuseppe Puglisi quando il 24
Dicembre 1992 scrisse ai detenuti dell’Ucciardone.

“Palermo 24 Dicembre del 1992
Cari amici del quartiere Brancaccio detenuti in questa casa circondariale, in
occasione del Natale, noi del Centro di Accoglienza Padre Nostro e della Parrocchia
di San Gaetano a Brancaccio, io il parroco, le suore, le assistenti sociali e gli
operatori, desideriamo farvi sapere che in questi momenti anche noi, oltre
naturalmente ai vostri cari, rivolgiamo il nostro pensiero a voi e alle vostre
condizioni di spirito. Comprendiamo la vostra sofferenza.
A Natale è forte il desiderio di stare insieme con i propri cari.
È nostra intenzione, se ci sarà permesso e se voi lo vorrete, venirvi a trovare per
portarvi una parola di conforto, e vorremmo che, quando sarete finalmente liberi,
questo contatto continui nel Centro di Accoglienza, perché riteniamo che
incontrandoci e parlandoci si possono creare le condizioni di spirito per vivere con
quella serenità necessaria per affrontare in maniera diversa le difficoltà della vita.
Serenità che porterebbe senz’altro la pace oltre che a voi, anche alle vostre famiglie.
Buon Natale,
Don Giuseppe Puglisi”

Da qui parte il nostro impegno per i cittadini detenuti.
Bisogna dare loro fiducia, inserirli in percorsi seri e reali di reinserimento, che
tengono conto delle loro competenze che spesse volte sono quasi inesistenti.
Rafforzare quelle esistenti ed offrirne di nuove. Abbiamo affidato ad alcuni di loro
alcuni terreni di proprietà del Centro, le attrezzature e avviato un’attività agricola.                                                                              Allevano galline ruspanti e accolgono le scolaresche per far trascorrere loro alcune
ore a contatto con la natura. Altri, lavorano all’interno di 2 scuolabus messi a
disposizione dell’AMAT, per bambini che frequentano la scuola media Padre Pino
Puglisi e che abitano a Croce Verde Giardini… Altri ancora custodiscono e tengono
pulito e funzionante il Centro Polivalente Sportivo di Brancaccio… etc etc.
Quando queste persone si sentono investite di una responsabilità, rispondono con
fierezza e professionalità.

La nuova pandemia del covid-19 costringe ciascuno di noi a reinventare la
propria vita quotidiana. Una frase del Beato Pino Puglisi : « se ognuno fa
qualcosa……..» e una del Santo Padre: «..nessuno si salva da solo, ..ci si può
salvare unicamente insieme» . Quali azioni a riguardo sono state poste in essere
dal Centro per affrontare questo particolare momento storico?                                                                                                 
Come già detto, da 28 anni continuiamo ad applicare nella vita quotidiana quella
frase del Beato Giuseppe Puglisi e quanto vi ho raccontato è uno spaccato di servizio
del Centro. Ad oggi neanche il COVID-19 ci ha fermati, non abbiamo chiuso le porte
del Centro neanche per un giorno… In conclusione di questa mia intervista desidero
ringraziare Giovanna Ferrara per questa opportunità che mi ha dato di parlare
dell’opera Beato Giuseppe Puglisi. La ringrazio ulteriormente per questa sua bella
iniziativa creando un nuovo strumento d’informazione e per il lavoro che ha già
svolto per le donne di Brancaccio.
Infine voglio dedicare questo nostro articolo ad un volontario del Centro, un
infermiere, Raffaele Lo Giudice, che si prendeva cura degli ospiti di Casa Al Bayt e
che il COVID-19 ci ha portato via, ma che non potrà mai cancellare la sua umanità e
sensibilità nello svolgere la sua professione.

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