Scritto da: Anna Maria Ferrara
Lo scontento costituzionalmente giustificato dell’Associazione Nazionale Magistrati
per la Riforma dell’ordinamento giudiziario e del Consiglio Superiore della
Magistratura
La riforma del CSM
Passerà all’esame del Senato il disegno di legge A.C. 2681-A, che contiene una delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario, approvato dalla Camera dei deputati con 328 voti favorevoli, 41 contrari e 25 astenuti. La riforma introduce nuove norme, immediatamente precettive, in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura. Il provvedimento, inoltre, statuisce nuove regole anche per i magistrati che si candidano in politica, sancisce l’introduzione di un fascicolo per la valutazione di ogni magistrato, e la separazione delle funzioni, tra magistratura giudicante e requirente.
L’Associazione Nazionale Magistrati (ANM)
Grande la disapprovazione della riforma da parte dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) , l’associazione cui aderisce il 96% circa dei magistrati italiani, e che tutela i valori costituzionali, l’indipendenza e l’autonomia della magistratura e partecipa attivamente al dibattito nella società per le riforme necessarie ad assicurare un migliore servizio giustizia. Come affermato dall’ Associazione Nazionale Magistrati (ANM) Sezione distrettuale di Palermo nel corso dei mesi passati, la magistratura ha cercato il confronto con il legislatore sul progetto di riforma Cartabia, evidenziando i punti di criticità. Purtroppo ogni critica è rimasta inascoltata e, anzi, sono state introdotte modifiche sulle quali nessuna interlocuzione con l’ANM è stata nemmeno cercata . Il Parlamento si appresta ad approvare una legge di riforma che non è diretta a migliorare l’efficienza della giustizia o a renderla meno lenta:
piuttosto, è tesa a minare l’indipendenza e l’autonomia della magistratura che, non a
caso, sono principi scolpiti nella nostra Costituzione in quanto baluardi di democrazia.
Una riforma che non soddisfa la domanda di giustizia
L’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) Sezione distrettuale di Palermo prosegue affermando che una legge di riforma che, dichiarandosi diretta a garantire
un maggior efficientismo, in realtà mira a radicare il convincimento che tutte le
inefficienze siano causate dai magistrati, fannulloni nelle migliori ipotesi, e dunque
da limitare e controllare. La riforma, contrariamente a quanto a gran voce affermato
nei comunicati, non offre e non appronta alcuno strumento veramente idoneo a
migliorare il servizio e a incidere realmente sulla domanda di giustizia (e certamente
non è tale la previsione del PNRR, recentemente approvato, che mira allo smaltimento delle pendenze solo con l’ausilio di personale assunto a termine e ancora da formare). In verità, prosegue l’ANM sezione di Palermo, questa legge di riforma con articolato in sei Capi e 43 articoli :
– introduce un sistema gerarchizzato, palesemente contrario al dettato costituzionale;
– sancisce definitivamente la sostanziale separazione delle carriere tra giudici e pm
(dato peraltro ormai acquisito in considerazione delle regole già esistenti che rendono
estremamente complesso passare dall’una all’altra funzione), senza tenere conto che
l’osmosi tra le funzioni da sempre rappresenta un accrescimento culturale per il
magistrato e, quindi, in ultima sintesi, una garanzia per i cittadini, utenti della
giustizia;
– crea il fascicolo personale delle performance, basato sulla verifica della tenuta dei
provvedimenti nei gradi successivi di giudizio. Questa ultima novità, sostiene l’ANM sezione di Palermo, introdotta per mero scopo propagandistico (i magistrati sono già valutati ogni 4 anni sulla base dell’attività svolta), non tiene conto della fisiologia del processo e rende palese il fine ultimo e vero della riforma: da un lato, imbrigliare la giurisprudenza, senza
considerare che l’interpretazione giurisprudenziale è ciò che rende il diritto adeguato
ai mutamenti sociali, economici e giuridici del nostro Paese e, da sempre, ha
anticipato riforme legislative anche epocali; dall’altro, tenere il magistrato sotto
scacco perenne, renderlo sempre più burocrate, attento al rapido smaltimento dei
fascicoli in modo ossequioso o alle direttive del Capo dell’Ufficio o dell’ultima
sentenza della Corte di Cassazione.
Con questa riforma come sarebbero stati valutati i magistrati Rocco Chinnici,
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino quando, prima della coraggiosa inversione di
tendenza e presa di coscienza del Maxiprocesso, vedevano sistematicamente assolti i
loro indagati per reati mafiosi? La “mancata tenuta dei loro provvedimenti” avrebbe
inciso negativamente sul loro percorso professionale e soprattutto sulla società.
L’ANM sezione di Palermo, dichiara di essere pronta a ogni forma di protesta, anche
a quella più estrema quale lo sciopero, modalità raramente adottata dalla magistratura
nella storia repubblicana, ma che a fronte di un quadro così grave ed allarmante
sembra rendersi assolutamente necessaria. Soltanto la minaccia dello sciopero, infatti,
ha fatto in modo di rendere palese quella contrarietà alla riforma Cartabia che già era
stata manifestata dall’ANM ma che è rimasta lettera morta.
« Dobbiamo essere pronti a manifestare anche con lo sciopero la nostra avversità »,
comunica l’ANM sezione di Palermo, a questa riforma mortificante e contraria ai
principi della Costituzione, sia per le generazioni più giovani di magistrati, ma
soprattutto per la tutela dei cittadini e delle categorie più deboli, cioè coloro che
saranno veramente pregiudicati da una giurisdizione asservita all’efficientismo dei
numeri sottoposta al controllo dei potenti del momento.
Conclude l’ANM sezione di Palermo, « Siamo magistrati che esercitano la giustizia
in nome del Popolo Italiano e lo vogliamo continuare a fare in modo autonomo ed
indipendente, come voluto dai padri costituenti » .